Ordinanza n. 31 del 2023

ORDINANZA N. 31

ANNO 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Silvana SCIARRA;

Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), promosso dal Magistrato di sorveglianza di Avellino, nel procedimento avviato ad istanza di L. D.B., con ordinanza del 16 febbraio 2022, iscritta al n. 62 del registro ordinanze 2022 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell’anno 2022.

Udito nella camera di consiglio dell’8 febbraio 2023 il Giudice relatore Nicolò Zanon;

deliberato nella camera di consiglio dell’8 febbraio 2023.

Ritenuto che, con ordinanza del 16 febbraio 2022 (r.o. n. 62 del 2022), il Magistrato di sorveglianza di Avellino ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), «nella parte in cui non prevede che possa essere concessa la semilibertà, nella specifica ipotesi surrogatoria di cui all’art. 50 comma 2 L.P., anche ai detenuti condannati per delitti compresi nell’elenco ivi indicato, che non abbiano prestato attività di collaborazione con la giustizia ai sensi del successivo art. 58 ter L.P., ma che abbiano avuto accesso ai permessi premio ex art. 30 ter L.P., sulla base di elementi dai quali è stata desunta l’assenza di collegamenti con la criminalità organizzata e del pericolo del loro ripristino»;

che, nel giudizio principale, L. D.B., è detenuto in forza di condanna definitiva alla pena di dodici anni, due mesi e venti giorni di reclusione, per una serie di delitti, tra i quali la partecipazione ad una associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti (art. 74 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, recante «Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza»), rientrante tra i reati cosiddetti ostativi alla concessione di benefici penitenziari, «salva la prova di avvenuta collaborazione con la giustizia ex art. 58 ter L.P., o della ricorrenza delle ipotesi equipollenti di collaborazione impossibile, inesigibile o oggettivamente irrilevante»;

che, riferisce il rimettente, L. D.B. ha presentato «domanda di applicazione in via provvisoria ed urgente di semilibertà», prospettando a sostegno dell’istanza la possibilità di svolgere attività lavorativa presso un’officina meccanica;

che il giudice a quo, rispetto alla condizione di detenzione di L. D.B., opera un dettagliato «excursus sulla sua vicenda criminale, sulla sua posizione giuridica, e sul percorso trattamentale effettuato fino ad oggi», riferendo che, «grazie all’apertura creatasi a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 253/2019», il suddetto detenuto, che non ha mai collaborato con la giustizia, dal dicembre 2020 sta fruendo regolarmente di permessi premio, durante i quali ha sempre mantenuto «un comportamento ligio e corretto, in perfetta adesione alle prescrizioni impartite dal magistrato di sorveglianza», sicché, «laddove non avesse riportato condanna per reato ostativo, avrebbe ben potuto già accedere alla semilibertà in virtù del principio della progressione trattamentale»;

che, ricorda ancora il rimettente, questa Corte, con la sentenza n. 74 del 2020, ha riconosciuto la possibilità di concedere, in via provvisoria ed urgente, la semilibertà cosiddetta “surrogatoria” dell’affidamento in prova ai condannati che debbano espiare un residuo di pena contenuto entro il limite dei quattro anni, previo riconoscimento del presupposto del «grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione»;

che, nel caso di specie, a giudizio del rimettente, l’urgenza del provvedimento richiesto «dovrebbe ravvisarsi nel rischio di perdere una valida opportunità lavorativa» che, assicurando al condannato un reddito, «lo potrebbe tenere lontano da quello stile di vita deviante che lo aveva condotto all’attuale detenzione»;

che, in punto di rilevanza, secondo il giudice a quo, anche all’esito dello scioglimento del cumulo, la frazione di pena relativa al reato ostativo di cui all’art. 74 t.u. stupefacenti è da considerarsi ancora in espiazione e il decisum di cui alla sentenza di questa Corte n. 253 del 2019 non è estensibile a benefici o misure diverse dai permessi premio, sicché solo l’accoglimento delle questioni sollevate consentirebbe di vagliare nel merito l’istanza di concessione della semilibertà;

che, osserva il rimettente, «senza la preclusione dell’art. 4 bis L.P. sussisterebbero effettivamente tutti gli altri presupposti per poter concedere la misura richiesta»;

che, quanto alla non manifesta infondatezza delle questioni sollevate, il rimettente riassume i passaggi essenziali della motivazione della indicata sentenza n. 253 del 2019, la quale, a suo giudizio, «ha censurato solo il carattere assoluto della presunzione di pericolosità connessa all’atteggiamento non collaborativo del condannato»;

che il giudice a quo richiama, altresì, gli argomenti offerti dall’ordinanza n. 97 del 2021, in cui questa Corte avrebbe prospettato la necessità, per risolvere il contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost., di trasformare in relativa la presunzione di pericolosità, ora assoluta, che incombe sui detenuti per reati ostativi, anche per la concessione della liberazione condizionale ai condannati alla pena dell’ergastolo;

che, secondo il rimettente, si tratterebbe di argomenti che, se pure espressi «in relazione alla pena perpetua», sarebbero «perfettamente calzanti anche alle pene temporanee come è quella in esame», giacché in ogni caso «resta valido il principio generale per il quale la collaborazione non può essere ritenuta l’unica strada possibile»;

che il Magistrato di sorveglianza di Avellino precisa che l’intervento invocato, dal punto di vista soggettivo, riguarda esclusivamente il condannato per un reato ostativo diverso da quelli di contesto mafioso (comunque contenuto nell’elenco di cui al comma 1 dell’art. 4-bis ordin. penit.), il quale, per un verso non ha mai collaborato con la giustizia, ma, per altro verso, durante il percorso carcerario, «ha dato concreti segnali di attenuazione della sua pericolosità e di inattualità di collegamenti con la criminalità organizzata, tanto da venire ammesso a beneficiare reiteratamente di permessi premio»;

che, dal punto di vista oggettivo, il giudice a quo invoca un intervento che consenta l’accesso a una misura, quella della semilibertà, «più contenuta rispetto alla più favorevole misura dell’affidamento in prova», dal momento che essa non interrompe il contatto quotidiano con il carcere e consente «un controllo più incisivo e pregnante»;

che, a giudizio del rimettente, l’attuale preclusione non appare ragionevole, alla luce della riconosciuta – dalla giurisprudenza sia costituzionale, sia di legittimità – funzione «pedagogico-propulsiva» assolta dai permessi premio, di cui l’interessato ha già ampiamente goduto e la cui fruizione avverrebbe «proprio in vista della futura ed eventuale concessione di ulteriori e più ampi benefici»;

che, per il giudice a quo, «[i]l gradino ad essi immediatamente successivo» potrebbe essere appunto la semilibertà, la quale, fra tutte le misure alternative in astratto concedibili, sarebbe quella maggiormente idonea ad orientare il processo rieducativo del condannato.

Considerato che il Magistrato di sorveglianza di Avellino dubita, in riferimento agli artt.3 e 27, terzo comma, Cost., della legittimità costituzionale dell’art. 4-bis, comma 1, della legge n. 354 del 1975, nella parte in cui non prevede che ai detenuti per i delitti diversi da quelli di contesto mafioso, ma comunque ostativi alla concessione dei benefici penitenziari e delle misure alternative alla detenzione, possa essere concessa la misura della «semilibertà, nella specifica ipotesi surrogatoria di cui all’art. 50 comma 2 L.P.», anche in assenza di collaborazione con la giustizia a norma dell’art. 58-ter del medesimo ordin. penit., allorché siano stati acquisiti elementi tali da escludere, sia l’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti;

che, nelle more del giudizio costituzionale, è intervenuto il decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162 (Misure urgenti in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia, nonché in materia di termini di applicazione delle disposizioni del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, e di disposizioni relative a controversie della giustizia sportiva, nonché di obblighi di vaccinazione anti SARS-CoV-2, di attuazione del Piano nazionale contro una pandemia influenzale e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali), convertito, con modificazioni, in legge 30 dicembre 2022, n. 199;

che, per quanto qui rileva, il d.l. n. 162 del 2022, come convertito, prevede all’art. 1, comma 1, lettera a), numero 2), l’integrale sostituzione del comma 1-bis dell’art. 4-bis ordin. penit., e l’aggiunta di tre nuovi commi (1-bis.1, 1-bis.1.1 e 1-bis.2);

che la nuova disciplina trasforma da assoluta in relativa la presunzione di pericolosità ostativa alla concessione dei benefici e delle misure alternative in favore dei detenuti non collaboranti, che vengono ora ammessi alla possibilità di farne istanza, sebbene in presenza di stringenti e concomitanti condizioni, diversificate a seconda dei reati che vengono in rilievo;

che, quanto ai detenuti e agli internati per delitti di contesto mafioso e, in generale, di tipo associativo, i benefici possono essere loro concessi purché dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o «l’assoluta impossibilità di tale adempimento», nonché alleghino elementi specifici – diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza – che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile, nonché, ancora, la sussistenza di iniziative dell’interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie, sia in quelle della giustizia riparativa;

che ai detenuti per i restanti reati indicati dal comma 1 dell’art. 4-bis ordin. penit. si richiede il rispetto delle medesime condizioni, depurate, tuttavia, da indicazioni non coerenti con la natura dei reati che vengono in rilievo, sicché la richiesta allegazione deve avere ad oggetto elementi idonei ad escludere l’attualità dei collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, con il contesto nel quale il reato è stato commesso (non anche il pericolo di ripristino dei collegamenti con tale contesto);

che l’art. 1, comma 1, lettera a), numero 3), del d.l. n. 162 del 2022, come convertito, prevede l’ampliamento delle fonti di conoscenza a disposizione della magistratura di sorveglianza e la modifica del relativo procedimento, nonché l’onere in capo al detenuto di fornire idonei elementi di prova contraria in caso di indizi, emergenti dall’istruttoria, dell’attuale sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva o con il contesto nel quale il reato è stato commesso, ovvero del pericolo di loro ripristino;

che, quindi, si è in presenza di una modifica complessiva della disciplina interessata dalle questioni di legittimità costituzionale in esame e, per quel che qui particolarmente interessa, di una trasformazione da assoluta in relativa della presunzione di pericolosità del condannato per reati ostativi non collaborante, cui è concessa – sia pur in presenza degli stringenti requisiti ricordati – la possibilità di domandare, tra l’altro, la concessione della misura della semilibertà e, così, di vedere vagliata nel merito la propria istanza;

che tale modifica incide immediatamente sul nucleo essenziale delle questioni sollevate dall’ordinanza di rimessione;

che «la giurisprudenza costituzionale – quando le modifiche apportate incidono così “profondamente sull’ordito logico che sta alla base delle censure prospettate” (ordinanze n. 97 del 2022 e n. 60 del 2021), oppure intaccano il meccanismo contestato dal rimettente (ordinanza n. 55 del 2020) – è costante nel ricavarne la necessità di restituire gli atti al giudice a quo, spettando a quest’ultimo, sia verificare l’influenza della normativa sopravvenuta sulla rilevanza delle questioni sollevate (ordinanza n. 243 del 2021), sia procedere alla rivalutazione della loro non manifesta infondatezza, tenendo conto delle intervenute modifiche normative (ordinanze n. 97 del 2022, n. 60 del 2021 e n. 185 del 2020)» (ordinanza n. 227 del 2022);

che, pertanto, si rende necessaria la restituzione degli atti al giudice a quo.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 11, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al Magistrato di sorveglianza di Avellino.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 febbraio 2023.

F.to:

Silvana SCIARRA, Presidente

Nicolò ZANON, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 24 febbraio 2023.